I know review

"I know" ossia "Io so"; ci puoi dire il perché di questo titolo?

Il motivo è molto semplice; "io so" è una direttiva, un post-it a me stesso per non dimenticare mai che prima di sapere è sempre necessario provare.

Quindi un sorta di regola da applicare?

Più che una regola lo definirei un suggerimento per evitare di avere rimpianti.

Hai rimpianti Luca?

Tutti ne hanno qualcuno; fortunatamente comunque, con il passare del tempo, la mia vita non ne ha poi tanto risentito.     

Quindi sei contento di te stesso.

Si, abbastanza; poi è chiaro che si può sempre migliorare.

E gli altri sono contenti di te?     

Dipende da chi sono gli altri e a cosa ci si riferisce.

Musicalmente parlando?

Spero di si.     

Affettivamente parlando?

Ma non stavamo parlando di musica?     

Simpatico..

Anche tu. 

Quando sono arrivate le prime idee che ti hanno portato poi a realizzare questo nuovo album?

E' stato verso la fine del 2010; ormai erano passati 2 anni dall'uscita del mio ultimo disco e iniziava ad esserci una certa pressione affinché facessi qualcosa di nuovo. In realtà io ci stavo già pensando e quindi le richieste sono arrivate proprio nel momento in cui mi stavo già attivando.     

Hai lavorato su un'unica versione delle canzoni oppure hai anche valutato più alternative?

Ho lavorato su più versioni e poi abbiamo scelto quelle che ci sembravano più adatte all'album nel suo insieme; personalmente è la soluzione che preferisco anche se in termini di tempo è più dispendiosa.     

Dicono che a volte, mentre stai registrando, fai interrompere la sessione perché vuoi provare alternative diverse rispetto a quella pianificata; è vero?

Beh, non è esattamente così; diciamo che mentre sto registrando può venirmi un flash su qualche possibile alternativa e quindi la suono direttamente per vedere se le note che ne escono si adattano bene al brano.

E funziona?

A volte si; ne vengono fuori delle idee davvero interessanti.

I know è un album carico di sound che include generi e stili diversi uno dall'altro; questa scelta è legata ad una strategia specifica oppure è dettata completamente dal tuo modo di fare musica?           

Direi che è un mix di tutte e due le cose; credo che per incontrare l'interesse del pubblico sia necessario capirne le aspettative in funzione dei lavori realizzati in passato e le tendenze dominanti del presente. Il che può anche significare ripartire dai generi musicali degli anni 70, 80 e 90 evolvendone la struttura per ottenere risultati che non siano mai scontati o banali. Se a questo poi si abbinano originalità, varietà e stile ciò che ne viene fuori può rivelarsi particolarmente bello.               

Tra le canzoni dell'album, qual è quella a cui ti senti più legato?

Mi sento legato a tutte in modo particolare anche se ognuna ha una sua motivazione precisa. Voglio dire, non si tratta di dediche a persone o avvenimenti, ma semplicemente di emozioni.

Ad alcuni artisti piace dedicare ogni canzone a qualcuno o a qualcosa. Tu che ne pensi?

Immagino che ognuno faccia ciò che si sente di fare per cui, se non ci sono forzature, non c'è niente di male nel dire perché lo si fa e magari anche per chi.

Tu però non lo fai..

Infatti è una cosa molto soggettiva; non sono mai stato un tipo che fa montagne di dediche o che elargisce motivazioni sentimentali. Dipende dal carattere e da ciò che si vuol far sapere di se stessi.

Quindi non ti piace parlare di te stesso.

No, non è che non mi piaccia però preferisco che siano gli altri a farlo. 

I Genesis quando li hai scoperti?

Era più o meno il 1985 quando ascoltai un brano di Phil Collins, "You can't hurry love", contenuto in una musicassetta di mio padre; mi piacque fin da subito e da li sono poi arrivato a conoscere i Genesis.

Quale è stato il loro primo disco che hai ascoltato?  

Era il 1986 quando, con le mance tenute da parte, sono salito in sella alla mia bicicletta di ragazzino imberbe e sono andato da solo a comprarmi l'LP "Invisible touch".

Già da piccolo avevi dei buoni gusti musicali.

Non credo sia questione di gusti buoni o meno; i Genesis sono i Genesis e la loro musica è straordinaria. Punto e basta.

Quali chitarre hai utilizzato per la registrazione dell'album?

Ho usato la Manne Taos 2001, l'Ibanez ART320L, l'Ibanez RG570 e la Jim Reed AENC; sono quelle che ho ritenuto fossero più performanti per il tipo di suoni richiesti dalle canzoni.

In genere poi usi anche altre chitarre?

Certo, utilizzo la Fender American Standard Strat, la Steimberger Spirit e la Ibanez Premium RG870.

I primi ad ascoltare "I know" sono stati i critici musicali i quali hanno espresso molte parole di elogio.

Si, è vero; questo mi fa ovviamente piacere e il merito va condiviso con lo lo staff che ha lavorato con me.

Io ho suonato e ogni musicista lo fa ma questo non basta per realizzare un buon disco; oltre alla musica c'è l'arrangiamento, il mixaggio, il mastering, gli stage fotografici, la creazione del layout grafico, la stampa, l'industrializzazione dei cd, le pratiche legali, la produzione e tutto il resto.

Se il risultato è buono il merito è di tutte le persone che hanno messo a mia disposizione la loro specifica competenza; professionisti con esperienza tra i quali  va citato Davide Ambrosi che con il suo straordinario lavoro di engineering e di sound design ha contribuito in modo determinante a far diventare l'album quello che è.  

Quindi il team è sempre importante.

Direi che è fondamentale; un gruppo unito con obiettivi ben definiti lavora con meno fatica ed è più produttivo.

Se si è coesi anche i contrattempi fastidiosi diventano più semplici da risolvere e a volte sono anche occasione di divertimento.     

"The first", "Ode forever" e adesso il nuovo "I know"; cos'hanno e cosa non hanno in comune questi tre album?

In comune hanno me e l'engineering di Davide ma per il resto penso siano tre dischi piuttosto diversi tra loro.

Chitarristicamente parlando sono differenti anche dal punto di vista tecnico; "The first" è stato suonato in parte in flatstyle (a plettro) e in parte in fingerstyle, "Ode forever" completamente in fingerstyle e "I know" completamente in flatstyle.

Inoltre sono diversi tra loro anche per la metodologia di recording che è stata adottata; il primo album l'ho realizzato nel 2005 e in questi 8 anni la tecnologia si è notevolmente evoluta.   

Siamo nel 2014 e hai già all'attivo tre ottimi album solisti. Come lo vedi il tuo futuro?

Guarda, per me il futuro è oggi; non voglio sembrare fatalista ma credo che sia sbagliato affidarsi troppo al futuro magari trascurando di vivere il presente.

Penso che solo vivendo serenamente e responsabilmente il presente si possa nutrire più speranza per il futuro; stiamo attraversando un periodo storico nel quale per cavarsela è indispensabile non sentirsi mai al sicuro.

Avevi 11 anni quando hai iniziato a suonare la chitarra; oggi gli undicenni sono invece esperti di internet, tablet, cellulari multimediali e tutto il resto . Cosa ne pensi di tutto ciò?

Penso di essere stato fortunato. Quand'ero ragazzino non esisteva niente di tutto questo e quindi non c'erano tentazioni che potessero distrarmi e sottrarmi del tempo.

Va detto però che gli undicenni delle passate generazioni non erano migliori di quelli di adesso; sono solo cresciuti in contesti diversi ed esposti a stimoli differenti.

I ragazzi di oggi hanno a disposizione mezzi molto potenti sia per comunicare che per apprendere e personalmente ritengo che l'uso della tecnologia vada fortemente incoraggiato a patto di usufruirne correttamente e a fronte di motivazioni concrete.  

Molti sono preoccupati per questi nuovi giovani; tu condividi questa preoccupazione?

Sono molto più preoccupato per quello che noi "adulti" stiamo mostrando ai giovani; per tutto quello che non facciamo e per le giustificazioni che troviamo.

Sono ancora tanti i ragazzi in gamba con obiettivi, idee e voglia di mettersi in discussione e tutti noi abbiamo la responsabilità e il dovere di consegnare loro un mondo che gli consenta di esprimere le loro potenzialità.

Quindi le cose possono ancora cambiare..

Se c'è una cosa che la storia ha dimostrato è che tutto può essere cambiato, basta solo trovare il coraggio di farlo.

Ora ti riposerai un po'?

Diciamo che potrò permettermi di avere dei tempi un po' meno tirati con qualche intervallo di relax in più.

Posso farti un'ultima domanda? Ti dico già che l'argomento è sentimentale.

Ma va? Non avrei mai immaginato..

Nell'intervista fatta in occasione dell'uscita del tuo secondo album, ti è stato chiesto come doveva essere la ragazza ideale e devo dire che la tua risposta mi è piaciuta molto; è cambiato qualcosa rispetto a 5 anni fa?

No, in linea di massima no.

Quello che dissi allora lo penso anche adesso; una ragazza diventa ideale quando la tua vita si allinea a quella di lei in modo naturale e spontaneo, senza costrizioni o bruschi cambiamenti.

Se stando insieme si guadagna ognuno un po' dell'altro senza la percezione e il peso di sacrificare qualcosa di importante, significa che la storia che nasce può essere quella giusta.  

Grazie Luca e buon lavoro.

Grazie a voi.